"Sei stato bravissimo!!!"
"Hai preso un bellissimo voto, brava!"
"Sei stato il più forte oggi, mi rendi orgoglioso!"
Tifare per i propri bambini è una cosa più che naturale. È utile per rinforzare la loro autostima e la loro energia.
Rinforzare positivamente è bello perchè per i bambini significa "mi sento visto" e questo stimola la giusta carica per affrontare la prossima prestazione.
Tuttavia, come per ogni cosa, il troppo, storpia, e abusare dei rinforzi positivi, alimenta in alcune situazioni il volerne sempre di più.
In questo articolo, voglio parlarti proprio di questo.

COS'E' UN RINFORZO POSITIVO
I rinforzi positivi sono quelle frasi dette per incoraggiare comportamenti positivi e costruire l'autostima dei bambini.
In analisi transazionale questo atto prende il nome di "carezza" che Eric Berne definisce come unità di riconoscimento relazionale e che fa riferimento al bisogno di stimolazione fisica e mentale che ognuno di noi ha.
Si chiamano carezze positive quelle parole, gesti e comportamenti che mettono l'accento sulle abilità e sulle qualità positive del bambino, mentre quelle negative si concentrano sulle critiche e sugli errori.
Le carezze a livello verbale, sono quelle che si attivano attraverso un complimento o un elogio detto a voce, mentre a livello non verbale possono essere una carezza o un abbraccio.
Rinforzare positivamente i bambini è importante perchè alimenta una mentalità propositiva, aumentando la motivazione e la fiducia in sé stessi e migliora il senso di appagamento nella relazione genitore-figlio. Inoltre, i rinforzi positivi possono prevenire comportamenti a rischio come l'isolamento, il senso di inadeguatezza e la depressione.
Il problema dove nasce allora? Nel momento in cui le carezze diventano esclusivamente condizionate. Cosa vuol dire? Che le si fanno solo nel momento in cui si fa qualcosa, quindi "a condizione" di. Questo porta il bambino a pensare che si sentirà dire determinate cose solo nel momento in cui ci sarà una prestazione degna di nota o a seguito di qualche atto.
EFFETTI COLLATERALI DEL "BRAVO"
Quando un bambino si sente ripetutamente dire "bravo" dalle cose più semplici a quelle più difficili, si possono attivare diversi meccanismi a livello personale, a seconda del temperamento del bambino, della sua storia e della cultura di riferimento.
Quando arrivano i primi traguardi è fisiologico e naturale essere felici e di conseguenza, manifestare entusiasmo attraverso la condivisione di un rinforzo positivo.
Dopo le prime volte, non è più necessario rinforzare positivamente ogni piccolo traguardo e azioni "semplici" come "sposto i bicchieri", "metto in ordine i giochini", "faccio il disegno", perchè l'abuso della parola "bravo/a" diventa un pò come l'antibiotico tutti i giorni, non fa più effetto. Il cervello infatti si abitua e capisce che alla fine di tutto non è poi così "WOW".
Troppi "brava/o" creano assuefazione, perciò bisogna farne buon uso.
Un altro tipo di effetto collaterale può essere quello legato al "ne voglio ancora", quindi nel momento in cui non ne ricevo altri, questa cosa mi manda profondamente in crisi, soprattutto perchè ho la sensazione di non essere stato sufficientemente "all'altezza" della situazione e quindi fomenta in me un grande senso di insicurezza interna.
Nel momento in cui quindi il bambino si aspetta il "bravo" in modo condizionato (ho fatto quella cosa) e questo non arriva, dentro si può attivare una sorta di frustrazione del tipo "non mi ha detto niente, magari non sono stato abbastanza bravo/a" e quindi possono attivarsi una serie di dubbi o di domande sulla propria prestazione personale, alimentando uno stato interno di stress che, in alcune situazioni, può trasformarsi in ansia, agitazione, malessere emotivo o un vero e proprio evitamento della fonte di stress con frasi del tipo "non voglio più andare".
COME DARE RICONOSCIMENTI ALTERNATIVI
Ma come possiamo riconoscere ai bambini ciò che fanno, senza alimentare troppa aspettativa o stress prestazionale? Ecco delle alternative:
Metti il focus sul vissuto del tuo bambino. Quando fa qualcosa , che sia su un piano sportivo, relazionale o quotidiano, stai sul come si sente. Puoi dirgli "come ti sei sentita/o a fare quella cosa?", questo lo aiuterà a concentrarsi sul suo vissuto e su quello che prova. Educare alle emozioni, lo aiuterà a conoscersi e a familiarizzare con sé.
Aiutalo ad osservarsi. Dopo una verifica, una partita, uno scambio con i suoi compagni, chiedi "come pensi sia andata?". Questa volta stai sul pensiero. Aiutarli a pensare, stimola la messa in discussione e in gioco, passando il messaggio che ti interessa sapere il suo pensiero e questo, lo aiuterà a sentirsi visto e ascoltato.
Sostituiscila la parola "bravo/a" con altre come "bene", "ottimo lavoro", "dammi un cinque". Gioire del successo insieme e con-dividerlo, crea sinergia. I primi a gioire dei loro successi devono essere loro stessi, altrimenti, impareranno a fare le cose per dare appagamento agli altri più che a loro stessi.
Accarezzali al di là della condizione. In poche parole, fai più carezze incondizionate, cioè condividi un sentimento, un pensiero o un'emozione piacevole verso di lui/lei a prescindere da ciò che fa. "Sai, ti stavo guardando e voglio dirti che sono proprio felice che sia tu il mio bambino", questo messaggio, arriverà oltre il fare e toccherà direttamente le corde dell'anima.
CONCLUSIONE
Voglio ripeterlo perché è importante, riconoscere in modo positivo i bambini è utile e funzionale. Quello che può diventare rischioso e farlo continuamente, con l'idea di rafforzare il loro l'autostima e non perché lo crediamo e lo sentiamo davvero. Meglio farlo poco e sentitamente, che forzarsi di dire o fare una cosa perché "è giusto così".
Aiuta il tuo bambino a godere dei suoi successi, non con l'obiettivo di renderti felice, ma per imparare ad essere felice PER sè stesso.
Dott.ssa Anna Antinoro
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