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People Pleasing: il compiacimento come strategia di sopravvivenza.

Quante volte ti è capitato di pensare "Non ho proprio voglia di uscire, però mi dispiace dirgli di no","Io farei altro, ma va bhe, non importa, se no si offende" o di fingerti sorridente per non scontentare qualcuno o dire di si seppur volessi dire di no?

Insomma, ci sono diversi modi di essere compiacente con o per l'altro.

Essere compiacente è parte innata dell'essere umano, per soddisfare dei bisogni e per limitare dei rischi, il problema però, diventa quando questa attitudine diventa soffocante per la tua definizione ed espressione di te.

Oggi voglio parlarti di come questo modo di stare nelle relazioni possa essere profondamente utile e come limitare il rischio che diventi tossica per te.




I PEOPLE PLEASER E L'UTILITA' DEL COMPIACIMENTO

E' la persona che tende ad accontentare frequentemente le altre persone, che non dice mai di no (se non pochissime volte) e che mette di conseguenza da parte le proprie necessità e i propri bisogni.

Juli Faga, psicologa, afferma che la persona compiacente ha degli aspetti caratteriali che si possono definire come:

  1. La tendenza frequente a scusarsi, seppur non ci siano colpe. Ad esempio nello scrivere un messaggio, nel chiedere una cosa o di fronte ad un favore. E' quindi presente la paura di fondo di prendersi più spazio di quello che si sente meritevole.

  2. Presenza importante di sensi di colpa verso gli altri a seguito di un azione fatta o di un pensiero avuto.

  3. Tendenza a dire sempre di si pur di evitare i conflitti con l'idea di fondo che la rabbia sia pericolosa;

  4. Mostrarsi d'accordo pur non pensandolo, motivazione spinta dallo stesso bisogno citato al punto precedente.

  5. Mettersi in secondo piano rispetto ai bisogni delle altre persone.

Essere accondiscendenti è una strategia utile e funzionale per far parte di un gruppo e a far si che gli altri ci considerino amichevoli e disponibili e questo aiuta riduce in modo importante il rischio di solitudine.

Alla base della compiacenza a volte può essere presente anche un discorso culturale e familiare.


PERCHE' SI DIVENTA COMPIACENTI?

Essendo animale sociale, l'essere umano ha innatamente dei bisogni che lo portano a voler stare nel "branco" e di conseguenza ad attivare una serie di comportamenti funzionali alla sopravvivenza.

Vediamo cosa può portare ad alimentare questo tipo di meccanismo:

  • Il bisogno di approvazione e accettazione sociale, che diventa per chi ha una bassa autostima un elemento di soffocamento del proprio sè per timore di essere rifiutato dall'altro qualora decidesse di manifestare il proprio punto di vista;

  • Relazioni disfunzionali: Se ad esempio, da piccolo hai ricevuto affetto e protezione solo a seguito di uno scambio (es: “Se non fai i compiti io non gioco con te”), probabilmente avrai imparato che puoi essere visibile all'altro solo a seguito di qualche richiesta soddisfatta;

  • Sensazione di minaccia nello sviluppo: se ci sono state delle condizioni di violenza o di fatica all'interno dell'ambiente domestico, la tendenza al compiacimento permette di gestire in qualche modo la reazione dell'altro con un pensiero del tipo "se faccio il bravo l'altro non si arrabbierà", facendo così diventare il sorriso compiacente un'arma relazionale che lo tutelerà dal "pericolo" della reazione dell'altro.

  • Paura di perdere l'altro in quanto imprevedibile: come conseguenza di ciò che dicevo al punto precedente, si alimenta la paura di perdere il riferimento dell'altro e di conseguenza, lo si compiace nell'idea di far si che rimanga vicino e non abbandoni (e questo è un meccanismo frequente di chi soffre di dipendenza affettiva).


LE CONSEGUENZE PERSONALI

Voler compiacere gli altri ha dei costi rispetto alla definizione di sè e alla propria personalità. L'attenzione rivolta all'altro infatti consuma energia da investire sulla propria persona portando quindi ad una forma di trascuratezza verso se stessi: "se voglio essere utile all'altro, non ci sarà tempo e spazio per i miei desideri e le mie necessità".

Dal momento in cui però hai fatto questo per la maggior parte della tua vita, probabilmente la tua rabbia sarà inibita e questo alimenterà in te atteggiamenti di tipo passivo-aggressivo come battute, sarcasmo o frecciatine arrivando quindi a relazioni particolarmente faticose che lo porteranno a confermare che è meglio non esprimersi ed adattarsi che avere problemi da risolvere nelle relazioni.

Spoiler: non è il fatto che ti esprimi il problema ma il come lo esprimi, più trattieni e compiaci prima esprimerai in modo rabbioso il tuo sentire.

Se tendi alla compiacenza inoltre comincerai (giustamente) a faticare nelle relazioni con gli altri, tendendo ad isolarti e alimentando in te stress e ansia alla sola idea di uscire, con il rischio di cadere in un loop depressivo che alimenterà il rimuginare e di conseguenza, la fatica personale.


E' POSSIBILE LIBERARSI DALLA COMPIACENZA?

Più che cambiare il compiacimento, che è una modalità di sopravvivenza sociale, è necessario lavorare sulle emozioni alla loro base come : la paura della perdita dell'altro, la paura del litigio o la paura della reazione dell'altro. La Dott.ssa Fraga propone di chiedersi “Cosa faresti se non avessi paura?” per comprendere quelli che sono i bisogni e i desideri profondi.

Un'altra cosa utile è imparare ad essere gentili con sè stessi e a parlarsi in modo diverso, perchè le parole, ci cambiano profondamente (se ti interessa approfondire, ne ho parlato anche in questo video).

Se vuoi allenarti ad essere definito, allenati a dire no. Parti dal semplice, puoi dire di no di fronte una domanda semplice come "ti va un caffè?", esercitarti in un modo sicuro ti permetterà di farti i "muscoli" del cervello.

Ricorda che il no può essere detto anche in modo gentile con una frase del tipo "ti ringrazio dell'invito ma non mi va", limitando le giustificazioni che sono un modo per dire di no ma che comportano una spiegazione che non è sempre necessaria.


Qualora l'essere compiacente limitasse la tua vita, ricorda che puoi chiedere aiuto ad un professionista per lavorare sugli schemi maladattivi che ti hanno portato a "funzionare" in un certo modo per ragioni di sopravvivenza ma che oggi, che sei adulto, non ti sono più necessarie.


Dietro alla compiacenza, è presente un bambino interno spaventato, abbine cura.

Dott.ssa Anna Antinoro


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